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Pazienti senza cannabis: “Chiediamo un’autorizzazione d’emergenza per la coltivazione”

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Il tavolo tecnico con i pazienti, il primo che vedeva la loro partecipazione pensando che sarebbero stati coinvolti direttamente per cercare di risolvere gli annosi problemi che in Italia subisce chi deve curarsi con al cannabis, era stato salutato da tutti come una grande novità. Il problema è che, a parte le parole e gli annunci, nella pratica non è cambiato nulla, anzi, se possibile la situazione è perfino peggiorata. Qui sotto pubblichiamo l’aggiornamento scritto direttamente dal Comitato Pazienti Cannabis Medica, in attesa del prossimo incontro previsto per il 25 maggio alle 14.30. 

È ormai passato un anno dalle richieste dei pazienti seduti al tavolo tecnico permanente sulla cannabis medica confermato dal Sottosegretario Andrea Costa tramite decreto nel novembre 2021.

Ma la situazione italiana per quanto riguarda la cannabis terapeutica è sempre più disastrosa.

Il 9 maggio 2022 è morto Walter de Benedetto, paziente che ha patito tutte le lungaggini di una legge applicata “a casaccio”.

Il giorno 8 maggio, tra l’altro, Andrea Trisciuoglio con l’amico Davide Scarano, viene messo ai domiciliari per possesso di canapa legale CBD.

Pazienti ormai storici, che hanno messo il diritto alla cura dei malati al primo posto nella loro vita, cercando un dialogo con le istituzioni muoiono e vengono ancora perseguitati senza che però nulla di concreto si sia mai realizzato.

Richieste chiare ed esplicite, richieste realizzabili che avrebbero migliorato la qualità di vita di tutti noi malati non sono mai state ascoltate.

Dopo tante attese un’ennesima presa in giro è arrivata lo scorso aprile con l’avvio di “una manifestazione di interesse” poco sensata.

Il Ministero della Difesa con l’ultimo bando per la produzione di cannabis medica (uscito senza tenere minimamente conto dell’esistenza di un tavolo tecnico sulla cannabis ad uso medico) ponendo criteri restrittivi e poco allettanti per le aziende partecipanti non apre le porte ad autorizzazioni risolutive che da anni chiediamo. Autorizzazioni che, per legge, devono essere rilasciate dal Ministero della Salute, e che avrebbero migliorato le nostre vite di malati cronici.

Da anni suggeriamo come colmare un “gap” ormai decennale, tra la domanda di cannabis medica in Italia, la produzione nazionale e le importazioni autorizzate dal Ministero della Salute.

Vale la pena quindi ricordare quanto avanzato dalle associazioni di pazienti già dal primo incontro, per confrontarlo con una panoramica veritiera della situazione attuale:

Le richieste dei pazienti da un anno sono chiare:

– La garanzia della continuità terapeutica e l’accesso stesso alla terapia.

– L’ampliamento delle varietà disponibili e la valorizzazione delle diverse modalità di assunzione.

– L’ampliamento delle patologie rimborsabili a livello nazionale.

– L’avvio di una campagna di formazione nazionale per il personale medico sugli impieghi della cannabis terapeutica.

– Una nuova interpretazione della normativa e l’accettazione di nuove forme di produzione, distribuzione e consumo di cannabis medica, alla luce delle migliori pratiche internazionali.

– Una importazione d’urgenza della cannabis medica.

– Una sburocratizzazione dell’accesso alla produzione, distribuzione, vendita e consumo di cannabis medica.

– Una nuova e più ampia stima del mercato della cannabis medica in Italia, basata sul potenziale terapeutico della pianta e dei suoi possibili impieghi.

– La tutela dei pazienti attraverso una più attenta analisi dei lotti di cannabis distribuita.

– Siano formalmente riconosciute, tramite decreto, le associazioni dei malati, le figure degli “health center”, dei “care givers” per la cannabis medica e i centri di medicina specializzati, come enti autorizzati alla coltivazione collettiva per conto terzi e alla distribuzione e vendita per fini medici e di ricerca.

– Che il tavolo tecnico permanente di lavoro sulla cannabis medica sia il punto di riferimento con cui interloquire prima della approvazione di iniziative, circolari, decreti autorizzativi, da parte dell’attuale organismo statale per la cannabis medica.

– Aumento della quota di importazione delle infiorescenze di Cannabis Medica per 50 tonnellate per il 2022.

– Sviluppare una filiera di controlli snelli della qualità dei farmaci prodotti e consumate, attraverso collaborazioni di sviluppo e ricerca con università, istituti di ricerca pubblici e privati, farmacie, laboratori di analisi.

A fronte di queste richieste, tecnici del ministero della difesa hanno elaborato, a distanza di quasi un anno dalle prime interlocuzioni preliminari, una manifestazione di interesse, limitante per la partecipazione alla coltivazione alle aziende italiane, arretrata, per le tecnologie che vengono richieste, non al passo con i tempi e irrispettosa nei criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico.

Le caratteristiche a cui le aziende devono disporre entro il 27 giugno sembrano prestabilite già per enti predefiniti, senza considerare la richiesta dei malati di esprimersi prima dell’avvio di iniziative tecniche. Soprattutto, non porteranno a una effettiva fornitura di cannabis medica almeno per altri due anni.

Dei 13 punti sopra esposti, le risposte dei tecnici del ministero sono quindi non pervenute e le richieste dei malati di conseguenza non accolte.

L’aspetto positivo, la volontà politica manifestatasi nella formalizzazione del tavolo permanente e il coinvolgimento ufficiale dei malati non sembrano concretizzarsi.

I motivi che hanno portato alla costituzione di questo tavolo partono dalle richieste dei malati di essere considerati nelle nuove politiche sulla cannabis medica, dopo essere stati ignorati e discriminati per oltre un decennio.

Questa richiesta è stata, ancora una volta, tragicamente disattesa. Nell’ultimo incontro presso il ministero in febbraio 2022, alcuni malati, (solo con le loro forze ) hanno dimostrato le evidenze di dieci anni di fallimento, attraverso le risposte raccolte da un sondaggio.

Di fatto con meno di 300 intervistati (tra i pazienti di tutte le regioni) si è raggiunto un fabbisogno pari al 10% della domanda nazionale di cannabis stimata dal Ministero.

In pratica, siamo ormai certi che con l’attuale politica sulla cannabis medica si coprono le esigenze per soli 3mila pazienti italiani. I pazienti sono ormai oltre 50mila e potenzialmente ce ne sarebbero molti di più (visto che la cannabis medicinale potrebbe sostituire tantissimi farmaci ad uso comune.)

Le evidenze dei Pazienti e i risultati più eclatanti del sondaggio possono essere riassunti in 3 grandi carenze ed omissioni del ministero che hanno portato ad un risultato sconvolgente:

Il 74% dei pazienti, lamenta difficoltà a reperire la terapia.

Il 71% dei pazienti lamentano l’interruzione della terapia a causa della carenza dei medicinali.

Il 56% dei pazienti ha provato, sulla propria pelle, una discontinuità terapeutica adeguata, che va da 1 a 3 mesi e il 22% per un periodo superiore ai 3 mesi.

Il risultato di queste azioni per mitigare le sofferenze dei malati si sono tradotte in un 10% dei pazienti che deve rifornirsi dal mercato illegale per assenza del farmaco.

L’attuale normativa prevede un alto livello di burocrazia per curarsi, oltre a problematiche per produzione e distribuzione della cannabis medica, denunciate e fortemente criticate dai pazienti.

Nonostante una richiesta di urgenza nella sburocratizzazione ormai conclamata da tempo possiamo solo notificare che negli ultimi anni la situazione per i pazienti che devono curarsi con la cannabis è solo peggiorata.

Oltre a bloccare le farmacie con due circolari per le spedizioni e la preparazione di alcuni prodotti galenici realizzati con la cannabis medicinale (colliri resine edibles) la disponibilità è sempre più altalenante, la qualità del farmaco molto scadente e la continuità terapeutica del paziente mai garantita.

Negli ultimi dieci anni è stato utilizzato un metodo inquisitorio per discriminare e aggravare situazioni di fragilità. La morte di Walter de Benedetto e l’arresto di Andrea Triuscuoglio sono solo le ultime, drammatiche evidenze di questi comportamenti che si possono solo definire criminali.

La manifestazione di interesse è sì un passo, ma insufficiente rispetto al ritardo accumulato che non soddisfa le reali richieste dei pazienti.

Va sottolineato ancora come le richieste avanzate dai pazienti sono al momento disattese e sia presente un ritardo rispetto ai tempi di lavoro del tavolo tecnico delineati a dicembre, come la frequenza mensile dei colloqui e la maggiore celerità nelle risposte alle richieste avanzate, ormai da oltre un decennio, dai pazienti.

Sul fronte della disponibilità del farmaco la situazione è drammatica; le importazioni sono ferme la cannabis continua ad essere un miraggio nelle farmacie e i tempi previsti dall’ultimo bando di 1oo kg, che prevedevano primi lotti in distribuzione già a maggio, vedono le prime disponibilità effettive in farmacia a non prima di luglio per problemi legati allo stabilimento di Firenze.

La richiesta di una maggiore centralità delle associazioni è urgente.

Le associazioni visto il lavoro già svolto, devono essere riconosciute come vere strutture per assistenza e informazione medica, con lo scopo di avviare progetti di coltivazioni sperimentali e distribuzione del farmaco, patrocinate dalle Regioni o enti locali.

La stessa “manifestazione di interesse” è stata lanciata senza il coinvolgimento delle associazioni per una loro presa visione e consultazione.

Dopo quasi un anno di dialogo, le associazioni si vedono escluse da qualsiasi progetto, contrariamente quanto richiesto fin da subito. La maggior parte degli esponenti a questo tavolo oltre a essere stata indagata, ancora si vede protagonista di procedimenti legali irrisolti con conseguenti spese legali e carico di stress per dimostrare sempre la propria innocenza.

Siamo arrivati al punto nel quale se il Ministero della Salute vuole effettivamente avvalersi dell’aiuto delle associazioni, per non perdere definitivamente credibilità, dovrà immediatamente rilasciare una autorizzazione d’emergenza alla coltivazione e distribuzione per codeste associazioni.

Altrimenti le associazioni prendendo atto che tutte le richieste sono state non accolte, sentendosi anche usate e prese in giro procederanno per vie alternative.

Comitato Pazienti Cannabis Medica

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