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Estratto Secco: il nuovo metodo che potrebbe rivoluzionare il mondo della cannabis

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Si chiama “Estratto secco” ed è un nuovo metodo fitoterapico di estrazione che potrebbe trasformare il mondo della cannabis terapeutica attraverso una ricerca più mirata e cure più personalizzate per i pazienti.

“Estratto Secco”: il nuovo metodo di estrazione italiano

“L’estratto secco potrebbe essere una delle tantissime rivoluzioni che i nostri ricercatori possono portare avanti per i pazienti in cura con la cannabis medica. Ma se la ricerca continua ad essere ostacolata, non andiamo avanti”, ha affermato Santa Sarta, Presidente del Comitato Pazienti Cannabis Medica. “Anche per questo motivo, all’incontro del 22 febbraio del tavolo permanente sulla cannabis medica costituito dal sottosegretario Costa, tra le varie tematiche abbiamo affrontato anche quello della ricerca. In quella occasione, in collaborazione con l’associazione Canapa Caffè, abbiamo consegnato delle proposte di ricerca di Universitá e ricercatori con cui collaboriamo in diverse regioni Italiane”.

L’intervista al dottor Lorenzo Calvi

Nel mondo della ricerca, intanto, a capo del team tutto italiano che ha sviluppato il nuovo metodo di estrazione “estratto secco” (la foto a inizio articolo è d’archivio e puramente indicativa, ndr) c’è il dottor Lorenzo Calvi. L’abbiamo intervistato.

Da quali necessità e come è nato questo nuovo metodo di estrazione?

Il dottor Lorenzo Calvi

L’innovativo metodo di estrazione “Estratto secco”, rappresenta parte della ricerca farmacologica che stiamo sviluppando per offrire al paziente e al medico un’ulteriore possibilità di scelta terapeutica tra quelle a oggi disponibili. Quando si estrae, in chimica, bisogna sempre chiedersi prima il perché, per poter poi realizzare il prodotto desiderato nella maniera più corretta. In questo caso ci si è posti l’obiettivo di ottenere un prodotto efficace, standardizzato, di semplice preparazione e utilizzo e altamente personalizzabile.

In che cosa consiste questo “Estratto secco”? Da quali materie prime si parte?
In breve è una valorizzazione farmaceutica del fitocomplesso della cannabis, risultato di particolari passaggi estrattivi, che permettono di rispettare quanto più possibile la ricetta originale della medicina, che la natura ci fornisce attraverso la pianta di cannabis. Si parte dalla infiorescenza per ottenere una materia prima vegetale utilizzabile nelle varie formulazioni farmaceutiche.

Dal punto di vista pratico e del procedimento, in che cosa differisce dai metodi di estrazione già disponibili e già utilizzati?
Il risultato finale, in questo caso, non è più liquido o fluido — noto in farmaceutica come “estratto molle” —, ma è in forma secca, standardizzata, titolata nei suoi componenti, con una conservabilità maggiore.

Quali sono o quali potrebbero essere i vantaggi rispetto agli altri tipi di estratti?
Sicuramente c’è una migliore e più precisa formulabilità, una migliore palatabilità, miglior compliance, ma anche migliore conservabilità e dosabilità dei vari componenti. Attualmente, inoltre, sono corso gli studi farmacologici di efficacia e biodisponibilità.

Perché può essere definito “rivoluzionario” per il settore della cannabis terapeutica? 


Il vantaggio principale è quello di offrire un prodotto più semplice da usare sul paziente, più efficace a minor dosi e dunque più economico, mantenendo però, al contempo, la flessibilità di un prodotto totalmente personalizzabile e rispettoso della formula naturale della pianta di cannabis. In alcune peculiari situazioni potrebbe rappresentare inoltre una soluzione all’impossibilità tecnica di utilizzare le formulazioni a oggi disponibili sul mercato.

Dunque potrebbe cambiare radicalmente la situazione per il paziente che fa uso di cannabis medica?Sicuramente, il paziente e il medico avrebbero a disposizione un’arma ulteriore per modulare il sistema endocannabinoide, altamente performante, di semplice preparazione per il farmacista, a basso costo.

Che cosa serve, ora, affinché venga diffuso per aiutare il maggior numero possibile di pazienti?
Ricerca, ricerca, ricerca! Tanto semplice come concetto, quanto “impossibile” da realizzare finora in Italia, per la miopia, l’ignoranza e l’ottusa opposizione alla terapia con cannabinoidi da parte del Ministero della Salute, che sinora, non concede autorizzazioni, nemmeno per motivi di ricerca e sviluppo.

Quali saranno i prossimi passi da compiere?
Ora l’obiettivo è completare le ricerche farmacologiche e continuare la strada verso la formulazione dei prodotti definitivi con cui modulare il sistema endocannabinoide, e riuscire a esprimere in questo modo la piena potenzialità di questo sistema essenziale alla base dell’equilibrio del nostro corpo in salute.

 Martina Sgorlon

 

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